Balneari, una concessione non è per sempre

Il Consiglio di Stato il 9 novembre 2021 ha pronunciato una sentenza che invalida la proroga al 2033 delle concessioni balneari, imponendo di riassegnarle, tramite gara, entro massimo due anni.

Una decisione che mira all’applicazione, fino ad ora poco esercitata in Italia, della direttiva dell’Unione europea, la 123 del 2006, che disciplina i servizi nel mercato comune europeo con lo scopo di favorire la libera concorrenza.

Per chi volesse approfondire la decisione del Consiglio di Stato in merito rimando all’articolo di Mondo Balneare.

Le reazioni dei Balneari

La decisione del Consiglio di stato in merito alle concessioni balneari ha riscosso reazioni negative dal settore.

I commenti delle varie sigle che rappresentano, a vario titolo, le trentamila imprese balneari italiane vanno dal sorpreso all’amareggiato.

Chi parla oggi, ovvero i titolari degli stabilimenti, spesso rappresenta la seconda o la terza discendenza dei soggetti che si sono aggiudicati la concessione e che hanno visto, poi, rinnovarsela di continuo.

Stabilimenti balneari, concessione o diritto?

Negli anni i titolari degli stabilimenti balneari hanno trasformato una concessione in un diritto, scambiando una proprietà pubblica per un bene privato.

Se è vero che ciò ha comportato investimenti che hanno contribuito a migliorare l’offerta turistica del nostro Paese, è anche vero che, talvolta, la convinzione di stare operando su di una porzione di territorio donata e non concessa ha dato vita ad abusi.

Balneari, la revisione di un sistema

Su alcuni litorali il miglioramento generato dagli investimenti privati ha significato un turismo di qualità di cui hanno beneficiato anche gli spazi pubblici, in altre zone d’Italia l’accesso alle spiagge libere è stato via via sempre più limitato, sino a essere di fatto negato o, tutt’al più, relegato in piccoli e sporchi fazzoletti di sabbia avvolti da alte palizzate private.

La decisione del Governo di avviare una ricognizione delle concessioni marittime in vista delle nuove gare che dovrebbero tenersi entro due anni, dunque, apre degli scenari interessanti.

Interrompere il diritto ereditario dei concessionari di spazi demaniali marittimi di sicuro serve a scardinare delle situazioni incancrenite dove lo spazio pubblico è stato più abusato che usato.

Sono certo che già dalla ricognizione emergeranno numerose situazioni non proprio conformi.

Eppure proprio dai difensori del capitalismo, dagli apostoli del salvifico potere auto regolatorio del libero mercato vengono le più feroci critiche all’applicazione della direttiva.

Concessioni balneari a gara. È un bene?

Per i titolari di stabilimenti balneari la decisione del Governo appare come una iattura. E come potrebbe essere altrimenti? Per chi invece è stato escluso da questo business, altamente redditizio non dimentichiamocelo, essa appare come un’opportunità.

Sarà un bene? Di sicuro rimescolare le carte e fare in modo che dei benefici, in questo caso economici, derivanti dalla gestione di un bene pubblico possano goderne non sempre i soliti è di sicuro cosa buona.

Appare sorprendente la reazione di chi crede che le coste gli appartengano, adducendo come motivazione gli investimenti economici e tacendo sui profitti che hanno intascato per decenni.

Le concessioni balneari, il nuovo Piave

Oh dio lo straniero. Ecco che le nostre spiagge diventano la trincea, il nuovo Piave. No. Il problema non è lo straniero, che poi tanto straniero non dovrebbe essere dal momento che abbiamo deciso di far parte di una Unione che si dice europea.

Il rischio, vero, è che a sostituire i vecchi titolari di concessione arrivino i grandi gruppi guidati dai fondi di investimento. Quella sarebbe una iattura. Vedere le nostre spiagge standardizzate sul modello che ha gentrificato o sta gentrificando i quartieri centrali di tutte le capitali europee a favore di un turismo uniforme travestito da low cost sarebbe davvero un peccato.

Si passerebbe da uno sfruttamento pigro e oramai consolidato a un più famelico modello predatorio.

La sfida del Governo è dunque non da poco. Censire, bandire e riaffidare una delle risorse più redditizie e meno faticose del Paese. Una cuccagna a cui nessuno vuole rinunciare.

Il racconto dello strazio di chi ha gestito le concessioni

Sui media italiani in questi ultimi giorni viene dato ampio spazio a chi teme di perdere una rendita consolidata. Il piagnisteo dei concessionari è regolarmente rilanciato anche dalle reti del servizio pubblico.

Quello delle rendite di posizione è un sentire comune in un Paese che ha grandi difficoltà a cambiare. Dove l’ascensore sociale è fermo e in alcune zone appare ancora in auge il feudalesimo.

Ricognizione e gare, cosa desiderare dalle nuove concessioni?

Cosa dobbiamo augurarci allora noi che le spiagge le vorremmo accessibili e pulite? Noi che, in quanto cittadini italiani, avremmo l’ambizione di poter usufruire di un bene che, in quanto pubblico, è anche nostro?

Dobbiamo augurarci che gli spazi dati in concessione fruttino allo Stato il giusto, in modo da poter ripagare la collettività in termini di servizi. Che il numero di concessioni tenga conto degli spazi pubblici necessari a garantire a tutti il diritto di stendere un telo su una spiaggia pulita e prendere un bagno ristoratore senza dover aprire il portafoglio.

Dobbiamo augurarci che i nuovi concessionari siano in grado di offrire servizi adeguati ai costi e che siano rispettosi dell’ambiente evitando scarichi abusivi a mare ancora oggi tollerati.

Ma dei lavoratori balneari non si parla

Di sicuro per chi lavora nei lidi la questione non appare essere proprio dirimente. Si tratta di lavoratori stagionali, spesso stranieri, spesso con contratti un po’ così. Ecco per loro, forse, l’arrivo di grandi gruppi potrebbe essere l’occasione per essere messi in regola oppure di essere sfruttati a norma di legge invece che con il classico “nero” proposto dall’italica imprenditoria.

Sarebbe interessante che sui mezzi di informazione si parlasse di tutto ciò, invece, si ascolta solo la parziale voce del padrone che piange, perché gli portano via quello che suo non è.

Sarebbe interessante vedere sui nostri media quale è lo stato dell’offerta pubblica e privata di stabilimenti balneari. Quali i pregi e quali i difetti e come rendere ancora più redditizio, per la collettività, il settore.

Abbiamo l’opportunità di modernizzare il settore, sanare situazioni ambientali insostenibili e favorire la concorrenza. In buona sostanza di essere resilienti di fronte a una direttiva europea che ci mette di fronte ad alcune responsabilità.

Che Nettuno ce la mandi buona.

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